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L'innocenza del peccato - Scheda del film

 

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Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS


Giovedì 8 gennaio 2009 – Scheda n. 11 (769)

 

L’innocenza del peccato

 

Regia: Claude Chabrol.

 

Titolo originale: La fille coupée en deux.

 

Sceneggiatura: Claude Chabrol, Cécile Maistre. Fotografia: Eduardo Serra.

Montaggio: Monique Fardoulis. Musica: Matthieu Chabrol.

Interpreti: Ludivine Sagnier (Gabrielle Deneige), Benoît Magimel (Paul Gaudens),

François Berléand (Charles Saint-Denis), Mathilda May (Capucine Jamet),

Caroline Sihol (Geneviève Gaudens), Marie Bunel (Marie Deneige),

Valeria Cavalli (Dona Saint-Denis), Etienne Chicot (Denis Deneige), Thomas Chabrol (Lorbach).

Produzione: Alicéléo. Distribuzione: Mikado.

Durata: 115’. Origine: Francia, 2007.

 

 

Claude Chabrol

 

Regista, sceneggiatore e produttore. Cinematograficamente molto prolifico. Nato nel giugno del 1930 a Parigi. Attratto soprattutto da tre cose: la provincia francese, la piccola (ma anche grande) borghesia e le storie gialle e nere, quelle con delitti. Ancora studente (lettere) collabora alla famosa rivista «Cahiers du Cinéma» insieme a Bazin, Godard, Truffaut e Rohmer. Con Rohmer (regista di cui abbiamo visto molti film al cineforum), nel 1957, scrive a quattro mani un famoso saggio su A. Hitchcock di cui entrambi sono entusiasti ammiratori. Nello stesso anno sceneggia, dirige e produce (grazie a un'eredità ricevuta dalla moglie, l'attrice Stéphane Audran) Le beau Serge, melodramma poliziesco, premiato al Festival di Locarno, film sempre citato come capostipite della futura Nouvelle Vague. Seguono più di cinquanta film, tra cui I cugini (1958), A doppia mandata (1959), Landru (1962) Le più belle truffe del mondo (1963), Les Biches, Le cerbiatte (1967), Stephane, una moglie infedele (1968), Ucciderò un uomo (1969), Il tagliagole (1968), Sterminate «Gruppo zero» (1973), Dieci incredibili giorni (1971), L'amico di famiglia (1973). Osservatore distaccato della (poca e molto labile) morale della vita contemporanea, continua con Violette Nozière (1978), poi, fra gli altri, Un affare di donne (1988) e i raffinati Madame Bovary (1991) e Grazie per la cioccolata (2000). Anche negli ultimi lavori continua a dimostrarsi perfetto conoscitore dei segreti della vita di provincia e dei fantasmi dell'animo umano in Il colore della menzogna (1998), Il fiore del male (2003) e La demoiselle d'honneur (2005). Questo suo L’innocenza del peccato è stato presentato alla Mostra di Venezia 2007.

 

La critica

 

Qualche malevolo potrebbe sostenere che Chabrol realizza sempre lo stesso film: la provincia oziosa che nasconde molteplici scheletri nell'armadio, i vizi privati di famiglie di ceto (e censo) elevato, figure femminili perverse e manipolatrici, sottili trame gialle sviluppate con un gusto tutto intellettuale. Eppure, dopo alcune prove di routine l'autore simenoniano per eccellenza fa centro: la freddezza abituale delle atmosfere e dei personaggi si trasforma in gelo, l'ambizione della ragazza protagonista la rende vittima tutt'altro che innocente, il desiderio suscitato nei personaggi maschili e il loro impulso annichilente non le consentono di uscirne 'vittoriosa' in un gioco al massacro dove ci scappa il morto. Gabrielle (la splendida Ludivine Sagnier), che cura le previsioni del tempo per un'emittente di Lione, un giorno incontra il celebre quanto ombroso scrittore Claude Saint-Denis (Berléand), da tempo ritiratosi nella lussuosa villa di campagna fuori città, figura di spicco nella sonnacchiosa vita culturale locale e dispensatore di saggezza sotto forma di citazioni. Figura protettiva e un po' paterna, l'uomo si rivela assai sporcaccione: frequenta una casa per incontri 'particolari' con altri notabili del luogo e alla ragazza riserva una relazione puramente fisica. Pur non essendo un agnellino, Gabrielle verrà divorata dal lupo: si innamora, si illude e si fa coinvolgere accontentandone le smodate e degradanti fantasie. Terzo incomodo il ricco, giovane e viziato Gaudens, fiacco rampollo di una 'pia donna' che detta legge nei circoli culturali, impersonato con capacità mimica da guappo dal convincente Benoit Magimel. Respinto ma tenace, il ragazzo già coinvolto in scandali sessuali e preda di accessi d'ira che indurrebbero qualsiasi 'brava fanciulla' a darsela a gambe levate - fungerà da balsamo lenitivo per le cocenti delusioni della fanciulla. Dalla padella nella brace: diventata la signora Gaudens nella deplorazione della suocera, la ragazza non solo non dimentica il grande amore, ma attizza la rivalità di vecchia data tra i due uomini, finendone schiacciata. Chabrol e la cosceneggiatrice Cécile Maistre montano con pochi sapienti tocchi l'atmosfera malsana che circonda i personaggi (chi va in cerca di trasgressioni perverse resterà però deluso), avvolgendo con spire insidiose la protagonista. A complicarle la vita ci si mette il cicisbeo che vede in lei (bella e intelligente) un ennesimo capriccio da soddisfare, o forse un dispetto nei confronti della madre imperante, con un super scheletro nell'armadio che verrà fuori solo nel sottofinale, a fornire motivazioni psicologiche molto consistenti. E proprio in questa sottotraccia di cicatrici nascoste ma sempre presenti, di relazioni instabili e slanci di fiducia che risiedono i principali motivi di interesse di un film sapientemente costruito, con attori molto ben diretti (la Sagnier, già musa di Ozon e Miller, dimostra di essere tra le più convincenti, e sexy, giovani attrici francesi) e una riflessione lucida e impietosa sui rapporti sessuali come esercizio di potere e sopraffazione, smascherando una volta di più il vuoto perbenismo e la tela di menzogne su cui spesso poggia, dietro la facciata di ville sontuose e l'apparenza di coesione e armonia, quella solida istituzione chiamata famiglia.

MMario Mazzetti, Vivilcinema, gennaio 2008

 

Come dimostrava Nicole Kidman in Da morire, gli uomini vanno matti per le presentatrici del meteo in tv. Anche a Lione, dove la bionda ventenne Gabrielle si spartisce tra uno scrittore cinquantenne incline alle perversioni, che la pianterà, e un giovane aristocratico dandy, ma ultranevrotico e rosicchiatore d'unghie, che farà anche di peggio. Il veterano Chabrol continua a prendersela con la borghesia francese di provincia e i suoi sepolcri imbiancati; tema eterno cui aggiunge, questa volta, la propria insofferenza per la mediocrità televisiva, la smania della notorietà, la dittatura dell'apparire: tutte cose verissime ma che, di questo passo, rischiano di saturare lo spettatore. La nota più interessante riguarda la relazione tra la ragazzina e Charles Saint-Denis, lo scrittore egotista capace di imporle la propria dominazione e i relativi fantasmi sessuali. Un'esplorazione che, tuttavia, resta tronca sul più bello, lasciando il posto a un caso di cronaca nera già transitato per il cinema (americano). Tipicamente chabroliano, ma un po' meccanico; fino dal titolo originale - La ragazza tagliata in due - che l'epilogo traduce alla lettera.

RRoberto Nepoti, La Repubblica, 8 febbraio 2008

 

Sotto un titolo italiano che, oltre che brutto, somiglia a mille altri e non corrisponde a verità (dov'è l'innocenza?), si nasconde il 48mo Chabrol, La fille coupée en deux. Alla lettera, da ultima sequenza onirica: La ragazza tagliata in due. Due uomini, due vite, due ego. Finisce così al circo, come Lola Montés, la bellissima Ludivine Sagnier, star meteo d'una tv di provincia (vedi Kidman in Da morire), sedotta da uno scrittore gaudente che la inizia ai piaceri del sesso (ma tutta la perversione sta a metterle le penne nel sedere) e richiesta dal capriccioso playboy miliardario che la sposerà. Qualcuno sparerà, qualcuno morirà. Lo Chabrol simenoniano, e pure balzachiano, che conosciamo e apprezziamo: qui impagina, senza guardar tanto alla scrittura, una storia sull'eterna predisposizione al male. Innocente, nessuno. Il fattaccio, ora ambientato a Lione oggi, deriva dal celebre omicidio avvenuto a New York nel 1906 del famoso architetto Stanford White, quello del Madison Square Garden, amante di Evelyn Nesbitt, che stava sulla chorus line di Broadway. Il delitto fu raccontato nel '55 da Fleischer in L'altalena di velluto rosso, poi descritto da Doctorow e girato da Forman in Ragtime. Ma Chabrol tira fuori dal cilindro qualcosa che gli appartiene per intero, un dramma di provincia visto con occhi crudeli, senza truccare le carte o far sconti morali. Il suo è un mondo rovinato dalle donne, perciò chiama una donna, Cécile Maistre, a descrivere con lui, l'ennesima atmosfera ambigua, insoddisfatta, malata in cui non solo il sesso ma anche l'amore e gli affetti sono esercitazioni di sopraffazione, scorciatoia per il potere del denaro e della fama, anche intellettuale. Due attori usati al meglio, il distaccato Berléand e il regredito Benoît Magimel, seviziato dalla Huppert in La Pianista e pronto a tutto: firmerà, complici media e famiglia, un altro delitto senza castigo.

MMaurizio Porro, Il Corriere della sera, 8 febbraio 2008

 

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