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Loving - Scheda del film

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 18 gennaio 2018 – Scheda n. 13 (1015)

 

 

 

 

Loving

 

 

 

Titolo originale: Loving

 

Regia e sceneggiatura: Jeff Nichols

 

Fotografia: Adam Stone. Musica: David Wingo.

 

Interpreti: Joel Edgerton (Richard Loving), Ruth Negga (Mildred Loving),

Marton Csokas (Sceriffo Brooks), Nick Kroll (Bernie Cohen),

Terri Abney (Garnet Jeter).

 

Produzione: Raindog Films. Distribuzione: Cinema De Paolis.

Durata: 123’. Origine: Usa, 2016.

 

 

Jeff Nichols

 

 

Nato nel 1978 a Little Rock, in Arizona, Jeff Nichols è uno dei giovani autori americani più in vista, considerato ormai più che una promessa. Il suo primo lungometraggio, Shotgun Stories (2007), che ha vinto l’Independent Spirit Awards è stato incluso nella lista dei migliori film del 2008 e nominato dal Chicago Sun-Times miglior film dell’anno. Il successivo Take Shelter (2011) ha vinto il Gran Premio della Settimana della Critica e il Premio Fipresci della critica cinematografica al festival di Cannes 2011. Nichols si è sempre avvalso della presenza nei suoi lavori dell’attore Michael Shannnon, attore molto intenso e introverso. Il successivo lavoro, Mud (2012, visto al cineforum), è stato in concorso al festival di Cannes del 2012. Del 2016 sono Midnight Special, presentato al festival di Berlino, e questo Loving, in concorso ancora a Cannes, entrambi interpretati da Michael Shannon.

Ascoltiamo Nichols: «Il film racconta la storia vera di una coppia interrazziale, Mildred e Richard Loving, che in Virginia nel 1958 venne arrestata e divisa per aver violato la legge dello Stato che puniva i matrimoni misti col carcere da 1 a 5 anni. Un caso che portò a una storica sentenza della Corte Suprema, a lungo purtroppo disattesa da alcuni stati del Sud. Il mio agente mi chiamò per dirmi che volevano fare un film da un documentario dell’HBO su questa vicenda. Vidi subito il trailer, che era bellissimo e mi fece piangere. Stavo girando un film e mandai il link a mia moglie, che mi rispose con una mail in cui mi diceva: “Sai che ti amo ma se non fai questo film chiederò il divorzio”...

Quando parliamo di razzismo e di matrimonio tendiamo a farlo partendo dalle nostre posizioni ideologiche: se sei un conservatore o un liberale hai le tue idee e quindi è per questo che possiamo parlare di cose idiote come le leggi per i bagni pubblici ecc., perché non riguardano persone ma sono solo politiche. Per me è uno spreco di tempo, la gente quando si accanisce nella discussione tende a dimenticare le persone coinvolte. Conoscendo la storia per me era molto ovvio che si doveva parlare delle persone. È molto affascinante la parte che si svolge in tribunale e come si arriva alla decisione della Corte Suprema, ma io non volevo fare un courtroom drama, un film giudiziario, ma un film su due persone innamorate e per me questa è una delle storie d’amore più pure nella storia americana...

Dei tre figli dei Loving purtroppo Peggy è l’unica ancora viva. L’ho incontrata in Virginia prima di scrivere la sceneggiatura e avevo un sacco di domande, su com’era la vita in casa loro, se c’era della musica, perché paradossalmente c’è tantissimo sul caso in tribunale ma non si sa molto della loro vita privata, ma lei è molto riservata e non ho saputo molto. Dopo che ho scritto la sceneggiatura sono tornato da lei con Ruth. Peggy è una donna molto forte, si è messa a sfogliare il copione senza parlare e non avevo idea se le piaceva o meno finché ha iniziato a piangere perché loro non c’erano più e mi sono reso conto di quanto fossero reali per lei queste persone di cui avevo preso il controllo al punto da scriverci una sceneggiatura. Eravamo molto consapevoli di volerli onorare, ho dovuto perciò inventare molte cose ma spero che il film rappresenti l’essenza di quello che erano...

Spero che questo sia “il film calmo dell’anno” e che faccia pensare la gente al fatto che ci sono persone al centro di questo dibattito, persone che hanno importanza e la cui vita è influenzata da queste decisioni. Vorrei che la gente vedesse il film, ne parlasse e ci riflettesse sopra».

 

 

La critica

 

 

È esistito da sempre un certo tipo di cinema americano capace di farci sperare che il mondo in cui viviamo possa essere un posto basato su valori in cui credere ciecamente; un cinema in grado di raccontare storie in cui non esistono dubbi su cosa sia giusto e cosa sbagliato, e nelle quali non è un’utopia credere nell’amore e nella giustizia. Ed è sicuramente interessante vedere come oggi, dopo anni di cinismo postmoderno, stia tornando in maniera sempre più decisa la necessità di ricreare sullo schermo un’idea di mondo in cui credere, in modo da rendere più digeribile la frammentarietà della nostra quotidianità nella quale siamo intrappolati. Un regista che sembra aver intrapreso questa strada è sicuramente Jeff Nichols, che dopo aver tentato un processo di rieducazione alla meraviglia con Midnight Special, ha sentito la necessità di dover raccontare una storia che aspirasse a descrivere la società americana ripartendo dalle fondamenta, quasi a voler ristabilire la giusta gerarchia di certi valori fondamentali.

Loving si ispira alla storia vera di Richard e Mildred Loving, lui bianco, lei di colore, la cui relazione fu dichiarata fuorilegge dallo stato della Virginia verso la fine degli anni ’50, quando il matrimonio interrazziale era ancora vietato, conducendoli a una lotta di nove anni per conquistare il diritto di vivere come una famiglia nella loro città natale. È ovviamente chiaro fin da subito il messaggio che Nichols vuole veicolare, ed è evidente come abbia deciso di farlo: mettendosi totalmente al servizio della storia, quasi nascondendosi. E così, dopo una prima parte più “alla Nichols”, in cui quasi tutto ci viene mostrato con le immagini e non spiegato a parole, il regista di Mud architetta un’invadente sequenza dal montaggio alternato, nella quale mentre Richard si sta arrampicando in cima a un cantiere per completare il muro di una casa, rischiando di venire travolto da un sacco di cemento, uno dei suoi figli, giocando a baseball con i fratelli, viene investito da un’auto. Sarà quello il momento in cui la coppia deciderà di  tornare a tutti costi nella propria città, smettendo di adeguare la propria vita a un posto che non  appartiene loro, con la consapevolezza di dover ripartire da fondamenta adeguate su cui costruire un futuro solido, senza il rischio che ogni cosa possa crollare da un momento all’altro. Da qui in avanti, anche la regia si adeguerà alla scelta dei protagonisti, rinunciando a un impianto visivo ricercato e autoriale per lasciare più spazio alle parole: il testimone di portare avanti il racconto passa così al personaggio di Mildred, che a differenza del marito, che da subito dimostra di preferire l’azione alle parole, vuole che la loro storia venga narrata dai giornali e diventi di dominio pubblico, così che tutti possano capire che vivere con la persona amata deve essere la cosa più naturale e normale. Esattamente questo è Loving di Jeff Nichols: un film semplice e chiaro come il suo titolo, che rinuncia consapevolmente a un discorso sottinteso e ricercato, perché conscio dell’importanza in questo momento storico di ricominciare (o continuare) a raccontare, attraverso il cinema, un’idea di mondo (non solo) americano in cui tutti vorrebbero abitare.

FFrancesco Ruzzier, cineforum.it, 11 marzo 2017

 

A rigore si tratta di una love-story; travagliata, perché il contesto è l’America segregazionista degli anni 50 e 60. Mildred e Richard Loving si amano e decidono di sposarsi. Ma poiché la Virginia, dove vivono la loro modesta e felice vita, considera reato il matrimonio misto, sono condannati al carcere. La pena è sospesa, a patto che se ne vadano fuori dei confini dello Stato. Però Mildred riesce a interessare al caso l’Unione per le Libertà Civili, che lo porta in tribunale: fino alla Corte Suprema, dove il processo ‘Loving vs. Virginia’ metterà in gioco la revisione della Costituzione americana. Forse Loving non è il film migliore di Nichols; però rappresenta in modo esemplare che cosa significhi fare un cinema etico, serio e responsabile (senza peraltro rinunciare all’emozione e all’efficacia drammatica). Non è difficile immaginare quali e quanti colleghi, con un argomento del genere, avrebbero calcato la mano sul pathos, ricorrendo agli stereotipi del film processuale e all’overdose di sentimentalismo del ‘dramma da Oscar’. Niente di tutto questo in Nichols. Il quale, al contrario, appare così poco interessato al rituale giudiziario da mostrarci solo pochi momenti di tribunale, per concentrare tutta la forza drammatica sulla relazione della coppia.

Con uno sguardo limpidamente umanista, Loving osserva i sentimenti e le reazioni dei suoi personaggi senza declamarli. L’amore e la speranza, la paura, il coraggio e la delusione hanno sempre una declinazione realistica e pudica; tanto più commovente perché Mildred e Richard non si battono per un principio astratto (pur sapendo che una sentenza favorevole cambierebbe la sorte di tante persone come loro), ma per il diritto ad amarsi liberamente. Dopati dal sensazionalismo di troppo cinema, alcuni troveranno Loving fin troppo delicato, quasi sommesso. Basta però concentrarsi sulla verità dei gesti, la dolcezza degli sguardi che si scambiano i bravissimi Ruth Negga e Joel Edgerton, che già dalle primissime scene si conquistano la nostra empatia, per capire il valore di una scelta sobria e realistica come quella di Nichols. Tutto dedito alla protezione della sua famiglia, Richard lo vediamo spesso al lavoro quotidiano, mentre fissa i mattoni con la calce per costruire case altrui. Talvolta l’azione sosta in serene immagini della campagna del Sud, nella bella fotografia di Adam Stone (e qui si sente la lezione di Terrence Malick); la cinepresa arriva fino a mettersi ‘ad altezza di gallina’, inquadrando in primo piano un pennuto da cortile. Piccolo valore aggiunto il cammeo di Michael Shannon, già protagonista di tre film di Nichols, nella parte del fotografo di ‘Life’.

RRoberto Nepoti, La Repubblica, 16 marzo 2017

 

 

 

 

 

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Polonia, 1945. La guerra è appena finita ma le sue conseguenze sono terribili. Sono arrivati i soldati russi, liberatori. Non solo liberatori. Per un gruppo di suore di clausura non sono dei liberatori. Mathilde, una dottoressa della Croce Rossa e di fede comunista, figura ispirata a un personaggio realmente esistito, aiuta la suore: in segreto, contro tutti.

Un film asciutto e intenso. Una storia di fede e di violenza, di reticenze e di soccorso.

Durata: 110’.

 

Giovedì 25 gennaio, ore 21

Cinema Sociale - Omegna

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