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Piccola patria - Scheda del film

 

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 9 aprile 2015 – Scheda n. 25 (946)

 

 

 

 

 

Nymph()maniac

 

Volume 2

 

 

 

Regia e sceneggiatura: Lars von Trier

 

Fotografia: Manuel Alberto Claro.

Montaggio: Molly Marlene Stensgård. Musica: Rammstein.

 

Interpreti: Charlotte Gainsbourg (Joe), Stellan Skarsgård (Seligman),

Stacy Martin (Joe ragazza), Shia LaBeouf (Jerôme),

Christian Slater (il padre di Joe), Jamie Bell (K),

Uma Thurman (la signora H), Willem Dafoe (L),

Mia Goth (P), Sophie Kennedy Clark (B).

 

Produzione: Zentropa Entertainments. Distribuzione: Good Films.

Durata: 122’. Origine: Danimarca, 2013.

 

 

Lars von Trier

 

 

Abbiamo scritto di Lars von Trier qualche scheda fa a proposito della prima parte di Nymph()maniac. Ricordiamo qualche breve notizia su di lui.

È nato a Copenaghen nel 1956; è diventato da subito regista di punta e di rottura; i giudizi sui suoi film e su di lui sono sempre stati appassionati sia nel pro che nel contro; primo lungo, L’elemento del crimine (1984), premiato a Cannes. Dopo Medea (1987), Epidemic (1987), Europa (1991), premio della Giuria a Cannes, arriva un serial tv surrealistico, The Kingdom / Il Regno.

Nel 1995, LvT lancia il Manifesto del Dogma per un cinema senza sofisticazioni; molti registi in giro per il mondo si attengono alle regole del Dogma; dopo pochi anni, però, è lo stesso LvT a lasciar da parte queste regole. Del 1996 è Le onde del destino (1996), premio della Giuria a Cannes. Seguono Idioti (1998), Dancer in the Dark (2000), palma d’oro a Cannes, Dogville (2003), Manderlay, Il grande capo (2006).

LvT continua intanto a girare  Dimension alla ‘velocità’ di 3 minuti all’anno, nel giorno di Natale, per 33 anni; cominciato nel 1991, il film sarà finito nel 2024. Del 2011 è il meteoritico Melancholia. Di questo scandaloso Nymph()maniac, presentato al festival di Berlino, esistono due versioni: questa, corta e ‘purgata’, uscita in sala in due ‘volumi’ per un totale di 4 ore, e la versione lunga e hard, di 5 ore e ½, che uscirà nel 2015 in dvd.

 

 

La critica

 

 

È un film sul cinema, Nymphomaniac, perché quel che mette in scena è la ricerca di un racconto, di una storia che sia compromesso tra l’intima necessità d’espressione dell’autore e i bisogni del suo pubblico. E se Truffaut sosteneva che ‘tutti hanno due mestieri, il proprio e quello di critico cinematografico’, oggi, nell’epoca dell’opinionismo di massa e del chiacchiericcio sine nobilitate, è allo spettatore specializzato dell’art film, al cinefilo da blog e discussione su social, al critico espanso che Von Trier rivolge il suo film. Al suo pubblico colto. A Seligman. Che vuole conoscere la storia di Joe perché vuole comprenderla, godere nell’interpretarla, decostruirla con i propri strumenti analitici, e poi ricostruirla secondo il vangelo dei propri schemi culturali. Essere protagonista, nel proprio essere spettatore, nel ridurre l’opera di Von Trier - e il corpo sfiancato di Joe – al proprio discorso. E dunque, a questo pubblico, Von Trier e Joe regalano quel che s’aspetta, quel che titilla il suo desiderio. I racconti (im)morali della protagonista nascono dai feticci di Seligman, dagli interessi personali che gli oggetti nella camera manifestano. Da sigle, icone, macchie. I capitoli sciorinano segni banalmente interpretabili, simmetrie da decrittare, accostamenti arditi e parodici, un florilegio d’intellettualismi, filtri emotivi da entomologi e sociologi. Sfacciati auto-omaggi (Antichrist, Melancholia) per lasciar rivendicare il lavoro in corso d’Autore, frecciate a Cannes in forma d’aforisma, ammicchi a film e maestri per la gioia della cinefilia enigmistica (L’adolescente, La pianista, Paradies Liebe, Bergman, Pasolini, Tarkovskij), per non dire della campagna promozionale, prima esca per il vociare delle opinioni.

Joe (un’altra Hen), in fondo è un nome maschile, come il suo interlocutore. E quindi la questione, in queste storie su misura di chi ascolta, è quanto rimanga del confessionale del regista. E quanto rimanga di Joe. Quanto sia possibile un racconto autobiografico, libero e taumaturgico, fisico, in un mondo sempre al secondo grado, ridotto a retorica, a linguaggio. A mercato. È questa la tragedia di “NymphOmaniac”, scavo nel compromesso da cui nascono le immagini, satira a cuore aperto, atto di resa, sfregio a un pubblico che - vedi finale - non s’accontenta di una storia. Quanto si può essere puri se quel che conta è soddisfare il pregiudizio nell’occhio di chi guarda.

GGiulio Sangiorgio, FilmTv – 2014, n. 16 e n. 24

 

Joe prosegue la narrazione della sua vita in rapporto con la sessualità mentre l’anziano Seligman la ascolta suggerendo, talvolta, inattesi paralleli. Apprendiamo così che il blocco dell’orgasmo con cui si chiudeva il primo volume continua e Jerome è, obtorto collo, costretto ad accettare che Joe cerchi altri uomini per trovare soddisfazione. Questo però non impedisce che nasca un figlio la cui presenza non contribuirà però a cementare la coppia. Tra esperienze con africani ed esplorazioni del proprio versante masochistico, Joe scoprirà anche l’interesse per un rapporto lesbico.

Quando un film viene diviso dal suo autore in due parti a causa della lunghezza il rischio che si corre è quello di non valutarlo come un’opera unica come invece è. Perché di fatto Von Trier prosegue il percorso iniziato con il “Volume 1” semmai forzando ancor più gli elementi già messi in gioco. A partire dai nomi. Perché il fatto che la protagonista si chiami Joe e che partecipi (per poco tempo) a riunioni di sex addicted dovendosi presentare prima di prendere la parola non può non richiamare alla memoria l’alcolista protagonista di My Name is Joe di Ken Loach. E se il perfido Von Trier avesse volutamente affibbiato al suo quasi incolore e introverso ascoltatore Seligman il nome dello psicologo teorico dell’apprendimento dell’ottimismo e ideatore del concetto di impotenza appresa? Quello che è certo è però che il regista danese ci fornisce un’esplicita autocitazione presa di peso da Antichrist e ricontestualizzata nella storia di Joe. Di lei seguiamo il lucido percorso di ricerca del superamento della solitudine mettendo ogni volta alla prova la capacità di sottomissione alle esperienze più umilianti con l’intenzione di separare il sesso dal sentimento.

Ancor più che nella prima parte Von Trier si diverte a provocare fino a sfiorare la blasfemia per poi ritrarsi o a creare arditi paralleli tra la storia della religione e le impostazioni che Joe ha dato alla propria vita. Ma la provocazione non può (e forse non vuole) nascondere ciò che appare sempre più evidente: tutti i suoi film ma questo più di tutti costituiscono una lunga seduta psicoanalitica in cui con sadomasochistica lucidità si mette a nudo. Perché Lars è Joe, così come è Seligman. È un narratore che ama ascoltarsi, è un affabulatore in cui invenzione e dati di realtà finiscono con l’intrecciarsi ma è anche colui che cerca di sublimare le proprie pulsioni con la cultura e la citazione alta. È l’intellettuale che non ha ancora deciso se sia meglio tagliarsi le unghie delle mani a partire dalla destra o dalla sinistra ma che conosce bene (forse perché li ha visti in se stesso) i lati oscuri dell’essere umano. Tenendo però sempre fermo un principio caratteriale inalienabile che ha attribuito ai suoi personaggi femminili (anche a quelli apparentemente più passivi): l’autodeterminazione. Joe è una di loro.

GGiancarlo Zappoli, MyMovies, 24 aprile 2014

 

C’è spazio anche per la gag pornocomica nel secondo capitolo di “Nymphomaniac”, indispensabile per giudicare con maggiore cognizione di causa la spasmodica e blasfema saga di Von Trier, stavolta comprensibilmente vietata ai minori di diciotto anni. Basta anticipare, infatti, che la sequenza culto, sconsigliata anche a un pudibondo pubblico adulto, presenta la protagonista Joe - che dalla biondina Martin è passata a carico recitativo della torpida Gainsbourg - alle prese con due giovanottoni neri che in erezione extended version bisticciano come se nulla fosse in dialetto africano su ciò che dovrebbero praticare alla volontaria e insaziabile partner. Si tratta solo di uno dei tanti passaggi, contrappunti, diversioni con cui il ghignante provocatore si guarda bene dal chiudere il cerchio del suo trattato sessuale/filosofico, ma, anzi, si compiace di renderlo più cupo, ossessivo, tormentoso per concedersi il colpo di teatro finale di un prepotente sberleffo narrativo che rimette tutto in discussione.

Per evitare le solite tergiversazioni imputate ai critici, diciamo subito e a chiare lettere che “Nymphomaniac” nel suo complesso ci sembra un’opera implosa nella sua ambizione e quindi sostanzialmente difettosa, eppure non di rado contraddistinta da lampi di puro genio registico e temerari slanci di una ‘scorrettezza’ intellettuale e sconosciuta ai colleghi vezzeggiati come autori.

All’inizio padrona in qualche modo del proprio corpo, Joe perde progressivamente contatto con esso, entrando in una sorta di vortice fisiologico, un’escalation di sfregi, una corsa a cuore (ma che sarebbe più congruo, anche se imbarazzante dire vagina) aperto verso un’immoralità che è tale solo nell’occhio dello spettatore trasformato a viva forza e cioè senza alcun ammiccamento complice in voyeur. Gli anni della maturità si riassumono, dunque, in un calvario in cui la ninfomane prova di tutto all’inseguimento dell’orgasmo perduto per ‘colpa’ dell’innamoramento: nonostante le salvifiche deduzioni ogni volta sciorinate al suo capezzale dall’ambiguo buon samaritano Seligman/Skarsgard, la parabola sembrerebbe condannarla a un’eterna dannazione. Bergman, Haneke e Pasolini aiutano a tracciare la strada, ma il nazicomunista (per scherzo) Von Trier è sempre e solo se stesso quando disegna con le immagini e la musica un labirinto apparentemente dedicato alla sessualità femminile che si presume indecifrabile, ma in realtà tappezzato dai deformanti e ustionanti specchi delle proprie ossessioni.

VValerio Caprara, Il Mattino, 24 aprile 2014

 

 

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