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Scheda del film (169 Kb)
Via Castellana Bandiera - Scheda del film

 

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE  S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

Giovedì 19 marzo 2015 – Scheda n. 22 (943)

 

 

 

 

 

 

Via Castellana Bandiera

 

 

 

Regia: Emma Dante

 

Sceneggiatura: Emma Dante, Giorgio Vasta, Licia Eminenti. 

Fotografia: Gherardo Gossi. Montaggio: Benni Atria. Musica: Fratelli Mancuso.

 

Interpreti: Emma Dante (Rosa), Alba Rohrwacher (Clara),

Elena Cotta (Samira), Renato Malfatti (Saro Calafiore),

Dario Casarolo (Nicolò), Carmine Maringola (Filippo Mangiapane),

Sandro Maria Campagna (Santo), Elisa Parrinello (Concetta),

Giuseppe Tantillo (Salvatore), Daniela Macaluso (Maria Grazia).

 

Produzione: Vivo Film con Rai Cinema. Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà.

Durata: 90’. Origine: Italia, 2013.

 

 

Emma Dante

 

 

Palermitana, nata nel 1967, Emma Dante è una delle esponenti più in vista del teatro italiano. Testi e regie di forte impronta sociale, di una sicilianità passionale, anche violenta, anche degradata. Un teatro insieme classico e sperimentale.

Dopo la maturità classica, si iscrive alla scuola “Theatres” di Michele Perriera, scrittore e regista, esponente del “Gruppo 63”, il movimento letterario della neoavanguardia formatosi a Palermo nel 1963. Lascia dopo un anno la scuola, entra all’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” di Roma. Assiste a uno spettacolo del polacco Tadeusz Kantor, La macchina dell’amore e della morte, in cui gli attori recitano dando le spalle al pubblico, e ha una “folgorazione teatrale” che la spinge verso la ricerca e la sperimentazione.

Nel 1990 si unisce alla Compagnia della Rocca di Torino. Recita nello spettacolo La rosa tatuata di Gabriele Vacis, torna a Palermo e fonda, nel 1999, una sua compagnia teatrale la “Sud Costa Occidentale”. Gli spettacoli sono in dialetto siciliano. Nel 2001 mPalermu, amara riflessione sulla famiglia nel Sud, vince molti premi. Così come Carnezzeria, dramma sull’incesto. Nel 2004 la Dante vince il Premio Gassman come migliore regista italiana. Del 2003 è Medea, seguito da molti altri spettacoli, La Scimia (2004), Mishelle di Sant’Oliva (2006), Cani di Bancata (2006), fino alla regia della Carmen di Bizet per l’inaugurazione della stagione della Scala. Molto scalpore suscita Le Pulle (2010), un musical con storie di prostitute transessuali, seguito da Trilogia degli occhiali (2011), sui temi della povertà e della malattia. Nel 2013, Emma Dante esordisce al cinema come regista e attrice nella trasposizione del suo romanzo Via Castellana Bandiera. Il film è in concorso a Venezia. Elena Cotta vince la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile: è l’anziana signora alla guida di una delle due macchine (alla guida dell’altra c’è la stessa Emma Dante, con a fianco Alba Rohrwacher).

Sentiamo Emma Dante: «Via Castellana Bandiera è una strada dove due donne si sfidano. Il blocco di Rosa è mentale e l’ostruzione del quartiere una questione di principio. Chiunque potrebbe passare, superare la barriera ed essere libero ma nessuno lo fa. I legami diventano indissolubili, i patti infrangibili. Da un lato c’è l’entrata nella nassa dove vivono un partito, una società, una famiglia, dall’altro c’è Rosa, il suo amore in bilico e il precipizio in fondo alla via. Cardine è una donna anziana. Samira. Muta. Al di sopra di tutto. Come monolite. Come frangiflutto che si oppone alle correnti. Come geroglifico scalfito nella roccia. La sua tana è l’auto dove si è rifugiata. Per sempre. La vita non ha trama e Via Castellana Bandiera è un pezzo di vita...

Il luogo fisico è anche il luogo mentale del film. Abbiamo girato a Palermo, in una strada reale, via Castellana Bandiera, dove ho vissuto per molti anni, sino a poco tempo fa. Sono stati aggiunti alcuni elementi scenografici tra cui un muro che delimitava da uno dei suoi lati il budello della strada. Il muro lentamente e  progressivamente si apre rendendo man mano la via più larga. I cambiamenti visti in sequenza sono impercettibili, solo progressivamente si nota in maniera plateale che la strada si è allargata. Nonostante lo spazio si apra dichiarando la possibilità di sciogliere l’ingorgo e procedere, il comportamento dei personaggi non cambia, per loro la via larga o stretta è la stessa cosa, perché l’ostacolo è nelle loro teste e il fatto di non spostarsi una questione di principio.

Nella mia Palermo, tra il documentario e il sogno, ho immaginato un altrove dove rifugiarsi: un luogo intimo, familiare e rivelatore. Questo luogo, questo altrove ci è molto vicino, ci chiama in causa come testimoni oculari di una storia privata, e in fondo ci appartiene».

 

 

La critica

 

 

Buon successo a Venezia 70 (Coppa Volpi ad Elena Cotta, e Premio Pasinetti a lei e ad Alba Rohrwacher), di Via Castellana Bandiera a conferma del multiforme talento di Emma Dante, attrice, regista teatrale, drammaturga dallo stile inimitabile e autrice dell’omonimo romanzo pubblicato da Rizzoli nel 2009, dal quale l’artista palermitana ha ricavato assieme a Giorgio Vasta la sceneggiatura del film, ritagliandosi il ruolo di co-protagonista.

Mirabile la misura e l’equilibrio con cui Emma si accosta al mezzo cinematografico, con un rigore quasi classico, senza facili concessioni agli eccessi del grottesco e del colore locale, costruendo un’opera intensa e rigorosa, con la passione e l’amarezza di chi, come tutti i siciliani doc, mentre condanna i mali radicati e forse inguaribili dell’Isola, non riesce però a rinnegarla, ad abbandonarla definitivamente. E ne fa possente metafora e specchio deformante di passioni e comportamenti ‘mostruosi’, latenti nei labirinti della cosiddetta ‘normalità’. Messaggio chiaro ma non didascalico che lascia a fatti e personaggi quel margine di ambiguità e di mistero che ci interrogano su tante possibili risposte. Nel passaggio dal libro al film, la regista ha operato una scelta intelligente e necessaria, sfrondando il romanzo di tutti i rivoli secondari, e concentrandosi sul nucleo drammatico essenziale: l’incontro-scontro fra due personalità in apparenza agli antipodi, che alla fine sembrano ‘annusarsi’, riconoscersi concependo una sorta di abnorme, distorta reciproca ammirazione. A Palermo, in una viuzza stretta e degradata dei quartieri popolari due auto si incontrano procedendo nei due sensi di marcia. Nella Punto c’è Samira (Elena Cotta), un’albanese in Italia in cerca di una vita migliore, incappata invece nell’inferno della famiglia Calafiore, una prigione senza sbarre dalla quale sola via d’uscita è la morte. Sulla Multipla c’è Rosa (Emma Dante),che ha compiuto un percorso inverso, lasciando la Sicilia in cerca di libertà, per affermare il suo diritto a vivere il suo amore per Clara (Alba Rohrwacher), ma le sue ferite se le porta dentro. Nessuna delle due donne al volante vuol cedere il passo all’altra. L’ostinazione ha radici nel loro vissuto, è questione di principio. Diventa una faccenda di famiglia, poi di quartiere e va avanti inesorabile, fino al finale. Emma sta addosso ai personaggi, con rabbia e con amore. Si inventa sequenze ed inquadrature di notevole suggestione.

Ottiene il massimo dal cast che include la sua Compagnia Sud Costa Occidentale, valorizzando anche due talenti naturali alla loro prima prova, Renato Malfatti (Saro Calafiore) e il giovanissimo Dario Casarolo, nel ruolo di Nicolò, portatore di un fievole barlume di speranza, forse di cambiamento. Elena Cotta è una memorabile Samira, che parla con i tratti del volto e l’intensità dello sguardo. Finale liberatorio, il cui senso è racchiuso nella suggestiva nenia siciliana dei Fratelli Mancuso.

EElena Lo Castro Napoli, Il Giornale di Sicilia, 12 settembre 2013

 

Fa un caldo brutale, a Palermo. Impastato di polvere, non lo leggi sui volti prosciugati degli uomini ma lo senti nelle urla dei bambini, sulle palpebre appesantite delle donne. Samira ha gli occhi spalancati, specchio vivo di un’anima uccisa da anni e calpestata ogni giorno: avvinghiata come un rapace al volante della Punto, guarda avanti ma vede solo indietro. È domenica, prima di salire in macchina si è stesa sulla tomba della figlia. Rosa ha gli occhi bassi, puntati come lucciole furtive sul taccuino dove la compagna Clara disegna il suo profilo, sfuggente. Rosa e Clara stanno andando a un matrimonio ma il loro rapporto si è consumato, mangiato dai fantasmi che impestano la memoria della prima e proprio tra queste strade sicule riemergono con prepotenza. La via sta nella testa, dice Emma Dante senza paura di mostrarlo fin troppo apertamente, allargando la carreggiata quando l’obiettivo si allontana dalle protagoniste. Incastrate in direzione ostinata e contraria sulla stessa strada geograficamente strettissima, un doppio senso che si offre ridicolo al nostro sguardo eppure nessuno dei suoi abitanti ci ride né ci piange più. A Via Castellana Bandiera le persone si scelgono il numero civico, e fa niente se il dirimpettaio ce l’ha di diritto. Hanno tutti ragione, dice una signora del luogo alla straniera Clara/Alba Rohrwacher.

Rosa/Emma Dante c’è nata, a Palermo, e Samira che pulsa di dolore negli occhi lucidi e fermi di Elena Cotta, giustissima Coppa Volpi a Venezia 2013, ci è arrivata quando la figlia ha sposato il meschino Calafiore, e adesso vi è in gabbia. Il duello tra Rosa e Samira è una tragedia annunciata, il coro è una folla di uomini vili che sbirciano dalle finestre e speculano sul dramma che avanza nell’immobilità ferrea delle donne rivali.

Via Castellana Bandiera è una sfida cinematografica coraggiosa e un film che (si) divide. Trova la peculiarità narrativa in una storia dannatamente universale, attacca la macchina da presa ai dettagli del corpo che lascia filtrare spiragli di paesaggio accidentale come in un documentario sulle ombre più nere dell’essere umano. Di contro, costruisce una scena/palco dove i cani randagi trovano la collocazione (in)naturale nei loculi vuoti del cimitero (quanta pietà sgranata, in tanta violenza sottesa). Fa traboccare il vaso della metafora necessaria quando indugia sulla via infine sgombra e la riempie di figure che entrano ed escono dal campo: proiettandoci verso un precipizio etico di cui non fornisce le misure, ma delinea marcatamente i contorni.

CChiara Bruno, FilmTv, ottobre 2013

 

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