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The Queen - Scheda del film

CINEFORUM ARCIFIC OMEGNA

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in collaborazione con:

CINEMA SOCIALE – S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

PIEMONTE AL CINEMA – IL CINEMA DIFFUSO
Promosso da Regione Piemonte, AIACE, AGIS

 

PREMIO GRINZANE CINEMA

Giovedì 13 dicembre 2007 – scheda n. 10 (740)

 

The Queen

 

Titolo originale: The Queen

Regia: Stephen Frears

Sceneggiatura: Peter Morgan. Fotografia: Affonso Beato.

Montaggio: Lucia Zucchetti. Musica: Alexandre Desplat. Scenografia: Alan McDonald.

Interpreti: Helen Mirren (la Regina), Michael Sheen (Tony Blair),

James Cromwell (il principe Filippo), Sylvia Syms (la Regina Madre),

Alex Jennings (il principe Carlo), Helen McGrory (Cherie Blair).

Produzione: Granada. Distribuzione: Bim.

Durata: 97’. Origine: Gran Bretagna, 2006.

 

Il regista

 

Stephen Frears si cimenta con la contemporaneità: con la vicenda della morte di Diana, vista dentro i palazzi della monarchia e della politica inglese. Poteva venirne fuori un disastro: e invece The Queen è una grande film. Frears è nato nel 1941, a Leicester, si è formato in teatro, poi nel cinema, facendosi notare con My Beautiful Laundrette (1986, visto al Cineforum, come tanti altri film di Frears), seguito da Prick Up - L'importanza di essere Joe (1987) e Sammy e Rosie vanno a letto (1987). Si trasferisce negli Stati Uniti e dirige Le relazioni pericolose (1988), che vince tre Oscar. Seguono poi Rischiose abitudini (1990), Eroe per caso (1993), The Snapper (1993) e The Van. Rivisita la strana storia del Dr. Jekyll e Mr. Hyde in Mary Reilly (1996), cui seguono Hi-Lo Country, Alta fedeltà (2000), Piccoli affari sporchi (2003). Ed ecco The Queen: Helen Mirren, la stupenda Regina, ha vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Venezia.

Sentiamo Frears: «La sceneggiatura mi sembrava interessante, e poi è il mondo in cui vivo. Se foste inglesi, la famiglia reale e queste istituzioni sarebbero parte integrante della vostra vita. È così, ogni volta che mandi una lettera, c’è la Regina sopra, è praticamente impossibile sfuggirvi. E se l’istituzione è ridicola, la Regina è una donna ammirevole ed estremamente popolare. C’è qualcosa di particolare in lei, una relazione speciale tra gli inglesi e i regnanti donna. Per alcuni aspetti, The Queen si avvicina a un tema shakespeariano. È una storia esemplare, perché la dice lunga sul mio paese, diviso fra tradizione e modernità. Il film parla di un conflitto che mette di fronte i due mondi, ma anche della tradizione che è, insieme, la forza e la debolezza del paese... Il film si basa su un’enorme quantità di ricerche, ma le scene fra i personaggi sono del tutto immaginarie. È una sorta di istinto che permette di giudicare cosa sia credibile e cosa no... Abbiamo usato anche immagini d’archivio. Avevamo bisogno di questo elemento per dare autenticità, e una ricostruzione sarebbe stata meno potente. Avevamo soltanto il Palazzo reale e il Primo Ministro come base dei dialoghi di fiction. Ed è sempre per questa ragione che ho mostrato immagini di Diana, davvero vive, altrimenti il film non sarebbe stato altro che la storia di alcuni vecchi in un palazzo in Scozia...».

 

La critica

 

Se gli avvocati che, secondo voci poi smentite, la Casa Reale di Londra minacciava di spedire a visionare The Queen, erano davvero al Lido erano ben mimetizzati. A Venezia gli unici inglesi riconoscibili sono gli inviati dei tabloid, molto incuriositi da un film che in Gran Bretagna sarà ovviamente un caso politico. The Queen racconta la drammatica settimana successiva alla morte di Lady Diana, e lo scontro istituzionale tra Buckingham Palace e Downing Street. II tutto mettendo in scena i personaggi reali in un ardito gioco di «sosia», di attori che si sforzano di assomigliare agli originali. Un’operazione rischiosissima: il pericolo della parodia, o delle caratterizzazioni alla Noschese, era altissimo. Beh, non ci crederete: il film è bello, anzi, più che bello. È un capolavoro di equilibrismo politico, di ironia e di analisi antropologica su un’istituzione, la monarchia britannica, che noi conosciamo solo nei suoi aspetti rituali e/o scandalistici, ma per la quale il popolo d’Inghilterra, di Scozia e di Galles prova rispetto ed affetto. Peter Morgan ha scritto un copione serrato e divertente, Stephen Frears l’ha diretto con mano abilissima, una mirabile squadra di attori l’ha ottimamente interpretato. E se è giustissimo elogiare Michael Sheen (Blair), James Cromwell (il principe Filippo, marito di Elisabetta), Sylvia Syms (la leggendaria Regina Madre), Alex Jennings (il principe Carlo), Helen McCroiy (Cherie Blair) e Roger Allam (il capo del cerimoniale, Sir Robin Janvrin), è ancora più giusto affermare che The Queen non esisterebbe senza il talento e, sì, la bellezza di un’attrice come Helen Mirren che ritrae la regina rispettandone ogni tic, ogni solennità, ogni asprezza, ma facendo anche trasparire l’umanità nascosta dietro la corazza istituzionale. Ieri, alla conferenza stampa, Helen Mirren ha avuto una «standing ovation» di svariati minuti. Non accade spesso. Siamo a livello non tanto di Coppa Volpi, quanto di Oscar, forse di Nobel. Helen Mirren era una splendida attrice già negli anni ’60, ha avuto candidature all’Oscar, premi a Cannes, premi Tony, premi Emmy. È anche una Dame, il corrispondente femminile del titolo di Sir. Conosce bene la regina: «E, certo, ero un po’ spaventata nell’interpretarla. Ho lavorato come la ritrattista che sognavo di essere da ragazza: ho studiato il soggetto dall’esterno poi sono andata in profondità». Rispetto alla laconicità di Frears e dei produttori, è anche l’unica a dire la sua su possibili ritorsioni regali: «C’è libertà di parola in Inghilterra, no? I Windsor sono sempre stati liberali, e si sono ribellati solo quando su di loro sono state scritte bugie, o insulti. Cosa che noi non facciamo. Il nostro film è uno sguardo umano su una famiglia speciale». Vero, ma è anche molto di più. The Queen è una lucida analisi sul potere. Raccontando i 7 giorni tra la morte di Diana a Parigi e i suoi funerali a Londra, il film mostra come due istituzioni - la monarchia e il governo - vengano totalmente spiazzate dall’impatto emotivo e mediatico provocato della tragedia. II «modernizzatore» Blair capisce che l’onda va cavalcata, mentre la regina rimane inizialmente a Balmoral, nella residenza estiva in Scozia, perché i funerali «sono un affare privato della famiglia Spencer». Dopo lunghe (e a tratti esilaranti) schermaglie, i reali scendono a Londra ed Elisabetta comprende, di fronte alla folla e ai mazzi di fiori che assediano Buckingham Palace, che nel mondo è successo qualcosa a cui non è preparata. Ma sarà la sua umanità a vincere, rispetto alle astuzie politiche di Blair: il senso finale del film sembra essere che i primi ministri passano e la monarchia resta, ma anche che dopo Lady D nulla sarà più come prima e che tutto un apparato di potere ha dovuto rivedere le proprie strategie. The Queen è il grande film sull’Inghilterra postmoderna. La regina dovrebbe esserne orgogliosa.

Alberto Crespi, L'Unità, 3 settembre 2006

 

Che gran film è The Queen! Se avesse vinto il Leone doro a Venezia, non sarebbe stato difficile scrivere le motivazioni del verdetto: per l’acuta intelligenza storica; per il raffinato equilibrio di umorismo e dramma; per l’eccezionale capacità di rappresentazione psicologica dei personaggi. Nella settimana che intercorre tra la morte della principessa Diana e le dichiarazioni ufficiali della Corona, le stanze del potere britannico sono teatro di eventi che coinvolgono l’evoluzione storica delle leadership, i modi per ottenere il consenso, gli equilibri tra politica e mass-media. Mentre l’Inghilterra è percorsa da un’ondata di cordoglio, che consacra Lady D come “la principessa del popolo”, Elisabetta assiste esterrefatta alla genesi di un culto popolare ottuso e fanatico che rischia di travolgere la monarchia, accusata d’insensibilità nei riguardi della santificata. Per lei, la morta è soltanto “la signorina Spencer”, un tempo sua nuora ma con la quale, ormai, pensava di non avere più nulla da spartire. La regina subisce la campagna della stampa scandalistica, che soffia sul fuoco chiedendo la sua testa, e si ritrova sola, tra un principe consorte stolidamente incapace di comprendere il pericolo e un figlio condiscendente, ma solo per pavidità, verso gli umori popolari. L’unico a starle accanto è Tony Blair, primo ministro appena insediato. Se cerca di convincerla a pronunciare un atto di contrizione che salvi la regina, Blair non nasconde l’ammirazione per la testa coronata, intrappolata in un dramma: l’atto di omaggio a Diana, infatti, le costerà molto coraggio e molta sofferenza, facendo di lei una vera eroina elisabettiana. La sceneggiatura di Peter Morgan è straordinaria per come fa convivere il dato drammatico con la satira, equamente distribuita tra una nobiltà che non ha capito nulla della Storia (il principe Filippo) e una borghesia banalmente antimonarchica (la signora Blair non è trattata con i guanti). Il che non significa che Frears si faccia paladino dei reali ma, semplicemente, che disprezza senza riserve il populismo mediatico di cui la stessa Diana è, contemporaneamente, emblema e vittima. A partire da un soggetto dei più scivolosi, The Queen-La regina si configura anche come una riflessione politica di tutto rispetto, antidoto alle celebrazioni televisive di Lady D e alle banalità sgranate dagli opinionisti in quelle occasioni. Regalmente umana Helen Mirren, Coppa Volpi a Venezia; irresistibili John Cromwell (il fattore di Babe maialino coraggioso) come Filippo e Sylvia Syms nella parte della regina madre.

Roberto Nepoti, La Repubblica, 15 settembre 2006

 

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