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In the Mood for Love - Scheda del film

 

 

 
 

 

in collaborazione con:

 

CINEMA SOCIALE

S.O.M.S. Società Operaia di Mutuo Soccorso Omegna

 

 

Giovedì 23 dicembre 2021 – Scheda n. 9 (1092)

 

 

 

 

 

 

 

In the Mood for love

 

 

 

Titolo originale: 花樣年華, Huāyàng niánhuá, Faa yeung nin wa

 

Regia e sceneggiatura: Wong Kar-wai

 

Fotografia: Christopher Doyle, Mark Lee Ping Bin

Musica: Michael Galasso, Shigeru Umebayashi, Nat King Cole.

 

Interpreti: Maggie Cheung (Su Li-Zhen, signora Chan),

Tony Leung Chiu-Wai (Chow Mo-Wan), Ping Lam Siu (Ah Ping),

Rebecca Pan (signora Suen), Kelly Lai Chen (signor Ho).

 

Produzione: Wong Kar-wai, Block 2 Pictures, Jet Tone Production, Orly Films, Paradis Films.  

Distribuzione: Lucky Red.

Durata: 98’. Origine: Hong Kong, Cina, 2000.

 

 

Wong Kar-Wai

 

 

In the Mood for Love (花樣年華T, 花样年华S, Huāyàng niánhuá), conosciuto anche con il titolo originale cantonese Faa yeung nin wa, è un film del 2000 diretto da Wong Kar-wai e ispirato al romanzo breve Un incontro (noto anche come Intersection) di Liu Yichang. Il titolo in lingua originale significa L'età della fioritura. Wong Kar-wai (王家衛, Wáng Jiāwèi) è nato a Shanghai nel 1958, è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico cinese, che lavora a Hong Kong. Dopo aver conseguito nel 1980 il diploma di design grafico presso il Politecnico di Hong Kong, ha iniziato il suo apprendistato presso la Hong Kong Television Broadcasts Ltd. Fa il suo primo esordio alla regia con As Tears Go By (1988), melodramma urbano dai toni noir, successo immediato a Hong Kong. Secondo film è Days of Being Wild (1991) che inaugura la riflessione sulle forme del tempo che ha poi caratterizzato tutti i film di Wong Kar-wai. Affronta quindi la sua sfida più ambiziosa: Ashes of Time (1994), film lunare, convulso, astratto e onirico. Mentre gira questo film, riesce anche a realizzare Hong Kong Express (1994), seguito da Angeli perduti (1995). Due anni dopo in Happy Together (1997), affronta il tema della passione, dell'esilio e del ritorno di Hong Kong alla Repubblica popolare cinese. In the Mood for Love (2000), intreccia il destino di due amanti che vivono una passione incompiuta, indifferenti agli stravolgimenti politici. Nel 2004 presenta in concorso al Festival di Cannes 2046, altra storia d'amore struggente. Sempre nel 2004, è presente alla Mostra di Venezia con Eros, film realizzato assieme a Michelangelo Antonioni e Steven Soderbergh, di cui realizza l'episodio La mano. Nel 2006 è presidente della giuria al festival di Cannes. L'anno successivo lavora negli Stati Uniti per Un bacio romantico - My Blueberry Nights. Nel 2008 taglia e rimonta il film del 1994 con il titolo Ashes of Time Redux. Nel 2013 è presidente della giuria al festival di Berlino e dedica un film a Yip Man, maestro d'arti marziali e mentore di Bruce Lee, protagonista del biografico The Grandmaster.

Sentiamo qualche sua dichiarazione. «Abbiamo iniziato il film in modo diverso. All'inizio, abbiamo chiamato il film Una storia sul cibo. La storia di In the Mood for Love, infatti, è in realtà una delle storie su queste due persone, i vicini, che acquistano sempre spaghetti. Più tardi, mi sono reso conto che il motivo per cui volevo realizzare questo progetto è solo questa storia, quindi l'ho ampliato. Doveva essere un pranzo veloce e poi è diventata una grande festa... All'inizio, ho pensato che fosse un film facile, perché avevamo due personaggi e l'intero film parlava di queste due persone, e poi ho capito che era molto più difficile dei miei film precedenti con 10 personaggi, perché dovevamo mettere molti dettagli in esso. Abbiamo girato il film seguendo i personaggi dal 1962 al 1972 ma nella sala di montaggio il film si è fermato al 1966, e questo è il film che si vede adesso... Ho sempre voluto fare un film su questo periodo, perché è molto speciale nella storia di Hong Kong, perché è ambientato subito dopo il 1949 quando molte persone cinesi vivono a Hong Kong e sognano ancora una nuova vita in Cina. Ci sono poi persone di Shanghai che parlano le loro lingue e non hanno contatti con la lingua cantonese locale. E hanno i loro film, la musica, i rituali. È un periodo molto speciale e io vengo da quel contesto. E voglio ricreare quel mood... Ho sempre voluto chiamare questo film Segreti o qualcosa sui segreti, ma mi sono detto: 'No, ci sono già così tanti film con Secrets'. Ho dovuto trovare un titolo. Stavamo ascoltando la musica di Traghetto Bryan, dal titolo In vena di amore. Così l'abbiamo chiamiato In the Mood for Love, perché no?... Anche lo stile del costume di Maggie Cheung è molto importante. Lei si cambia costantemente. Abbiamo usato 20-25 abiti per Maggie. Se stringessimo il film diventerebbe come una sfilata di moda. Il mio scopo all'inizio era quello di provare a mostrare il film in modo ripetitivo. Ripetiamo la musica, l'angolazione di un luogo, sempre l'orologio, sempre il corridoio, sempre la scala. Perché non voglio mostrare nulla di diverso, tranne le emozioni di queste due persone».

 

 

La critica

 

 

Quella finale è l’unica scena in esterni, in un ambiente naturale. Il resto del film è rinchiuso, anche quando i protagonisti si incontrano per strada, in cunicoli e anfratti dai quali non si percepisce mai il cielo, solo pioggia che cade, ogni tanto, solo corridoi della memoria dai quali il ricordo ha eliminato tutti i passanti, i volti inessenziali. Poco prima del tempio di Angkor, nel flusso della storia dei due protagonisti ha fatto irruzione l’altra Storia, quella della seconda metà degli anni ’60 in cui l’Estremo oriente asiatico fu scosso dalla fine del colonialismo: pochi minuti, solo le immagini sgranate di un cinegiornale, quello della visita, nel ’66, del generale de Gaulle a Phnom Penh. Come ha detto Wong Kar-wai: «Il 1966 segnò una svolta nella storia di Hong Kong. La Rivoluzione Culturale sul continente aveva avuto molte ripercussioni e aveva costretto la gente di Hong Kong a pensare seriamente al proprio futuro. Molti di loro erano arrivati dalla Cina alla fine degli anni ’40, avevano avuto circa vent’anni di relativa tranquillità, si erano fatti una nuova vita, e all’improvviso cominciavano a sentire di doversi muovere di nuovo. Così, il 1966 è la fine di qualcosa e l’inizio di qualcos’altro. Quanto alla Cambogia, avevamo bisogno di qualcosa che fosse in contrasto visivo con il resto del film, che lo controbilanciasse, qualcosa sulla natura, qualcosa sulla storia. E, quando ho scoperto che De Gaulle era stato in visita in Cambogia proprio quell’anno, ho voluto che nel film ci fosse anche questo. De Gaulle è parte della storia coloniale che sta per dissolversi». La sorpresa provocata dalle immagini di De Gaulle è rivelatrice e colloca nella giusta dimensione lo stile di In the Mood for Love: slow motion, attimi di flou, lo stesso brano musicale che (insieme alle canzoni di Nat King Cole) si ripete con leggere variazioni lungo tutto il film, la sensazione, fin dall’inizio, di vivere in un flashback. Prima di tutto, anche se sotterraneamente, un film su un mondo scomparso, consegnato al ricordo “sfocato e indistinto” del protagonista, che preserva l’eleganza di certi attimi e certi movimenti (la figura impagabile di Maggie Cheung che si muove lungo l’inquadratura, sempre troppo ben vestita, come nota una vicina di casa, per andare al lavoro e al cinema da sola), e rivede i momenti cruciali della sua storia d’amore e della sua vita di allora come ‘riquadrati’, da un corridoio, una porta, una finestra, una scala che scende a un ristorante, le pareti che chiudono un ufficio. (...)

Il ricordo vive sui dettagli e sulla ripetizione. Dettagli preziosi e minuscoli, come la manciata di lussureggianti cheongsam [tradizionali abiti femminili cinesi, stretti e lunghi, ndr] indossati da Maggie Cheung, come il gioco sottile delle borsette e delle cravatte riportate in dono dal Giappone; tutti talmente calibrati nell’essenzialità millimetrica del racconto da acquistare un preciso peso narrativo e psicologico. È attraverso questi dettagli che dobbiamo sforzarci di ricostruire, insieme a Chow, il passato; attraverso l’ingresso, studiatissimo, dei brani musicali che dobbiamo ‘sentire’ la giusta carica emotiva, il progredire della fascinazione e il velo malinconico della lontananza; attraverso le frequenti telefonate fuori campo che dobbiamo percepire le esitazioni, gli imbarazzi, i sensi di colpa, il precipitare della passione e il ritrarsi da questa. La costruzione narrativa ci nega qualsiasi ‘pigrizia’: il film è totalmente ellittico, non ci regala nulla se non l’accurato splendore delle sue immagini e delle sue sensazioni, se non l’abbondanza di ‘vuoti’ attraverso i quali dobbiamo dare un senso ai ‘pieni’. (...)

Quasi un trattato teorico, In the Mood for Love mette in scena i meccanismi del mélo: non solo l’assenza e l’impossibilità autoindotta prima dal riserbo e dalla dignità, poi dal bisogno di preservare qualcosa, ma anche la ripetizione, stessi passi, stessi gesti, stessi incontri agli stessi angoli, e ripetizione come prova, sempre più ossessiva, di quello che non ci consentiamo di vivere. L’aggancio al ricordo, l’immagine vissuta come un flashback, diventano in questo senso essenziali: solo il ricordo può scandire con tanta precisione i passaggi fondamentali della storia, ripeterli all’infinito con le minime variazioni che sottolineano i cambiamenti, cancellare tutto quello che il tempo trascorso ha reso superfluo, riempire di significato attimi che nel mondo reale paiono insignificanti, collegare un momento individuale con un ‘mood’, un umore complessivo. Raccontando nient’altro che una storia d’amore, Wong Kar-wai ci svela quale può essere ancora oggi il segreto del cinema: preservare i segreti, per sempre, come un albero o un tempio secolari, e lasciarli condividere solo a quanti sanno apprezzarli.

EEmanuela Martini, Cineforum, n. 400, dicembre 2000

 

 

 

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Richard Jewell

 

 

di      Clint Eastwood

 

 

 

 

Buon Natale a tutti. Riprendiamo il 13 gennaio con Richard Jewell di Clint Eastwood.

Ancora Clint, novantunenne, sempre in forma, che ha già finito un altro film. Questo è ancora un film dall’andamento classico, racconto scorrevole, personaggi ben delineati, ambienti precisi, tutto come nel cinema di una volta.

Ancora il grande tema dei film di Eastwood: il rapporto tra l’individuo e lo Stato, tra un uomo e il potere. Ancora il nucleo morale del cinema di Eastwood, nello scontro fra individui per la negoziazione della Legge nella vita quotidiana. Ancora la simpatia che va sempre a un eroe minore in lotta contro un’ingiustizia perpetrata dallo Stato.

E l’interrogativo che prende lo spettatore tra l’Eastwood dei film, umanissimo, e l’Eastwood uomo politico repubblicano convinto.

Durata: 129 minuti.

 

 

Giovedì 13 gennaio, ore 21

 

Cinema Sociale di Omegna

 

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